Domenica 2 luglio i cittadini di Venezia, i pochi rimasti, sono nuovamente scesi in piazza per protestare. Contro l’esodo dei residenti, contro l’eccesso del turismo, i prezzi delle case proibitivi, la mancanza di negozi essenziali, il transito delle grandi navi.

Tante le associazioni che hanno partecipato: dal Gruppo 25 Aprile, organizzatori della protesta, a Confartigianato, a Italia Nostra, al Fai e molte altre.
Tutti si ribellano contro questa nuova Venezia che rischia di diventare un parco giochi.

Perché la situazione a Venezia è davvero tragica.
E i problemi sono come le ciliegie: distinti ma collegati, uno tira l’altro.

La questione Grandi Navi

Della questione delle grandi navi è da anni che se ne parla: giusto poche settimane fa più di 18.000 persone hanno preso parte a una consultazione simbolica sulle grandi navi e ben il 98% dei votanti si è espresso contro. Ma come in ogni cosa regna il Dio Denaro e qui gli interessi economici in gioco sono davvero molto alti.

Delle altre questioni – lo svuotamento del centro storico, l’eccesso del turismo, gli affitti esageratamente alti e la mancanza di infrastrutture e servizi primari – la raffigurazione più realistica è proprio un cane che si morde la coda.

La mancanza di infrastrutture e servizi primari

Come denunciano in occasione della protesta il Gruppo 25 Aprile e Confartigianato, la monocoltura turistica sta mettendo completamente fuorigioco la vita dei residenti e le attività artigiane: chiudono i negozi basilari per poter vivere e la città viene invasa da negozi di souvenir, che vendono paccottiglie e altro non fanno che danneggiare l’industria locale, come quella del vetro di Murano.

La questione degli affitti

Per non parlare del problema degli affitti: ci sono circa 1000 immobili di proprietà pubblica che rimangono vuoti e inutilizzati per mancanza di manutenzione, ma che potrebbero essere rilanciati a favore della residenzialità o utilizzati come spazi lavorativi dagli artigiani, in seria difficoltà a causa dell’impennata degli affitti, già di per sé molto alti, in occasione della Biennale (+1,0%, maggio 2017, dati ISTAT http://www.dl.camcom.gov.it/dati-economici-e-statistici/statistica/sono-cittadino-indici-istat). Inoltre, molti edifici vengono impiegati a fini turistici: gli ultimi esempi sono l’ex comando della Polizia Locale, l’antico ospizio Ca’ di Dio, che si affaccia su piazza S. Marco, e anche l’isola della Giudecca, che sta perdendo la vocazione residenziale in favore di catene di alberghi.

Viene da sé che i veneziani non riconoscono più la città in cui sono cresciuti: nel 1951 Venezia insulare contava 175.000 abitanti, 55.000 nel 2014 – comunque meno di quanti vennero censiti demograficamente a seguito della peste del 1438. Il trend di abbandono della città è calcolato attorno al -3% (https://flussiturismo.wordpress.com/proposta-s-marco-pass/), ma si teme che questo possa aumentare.
Addirittura si stima che nel 2030 non ci abiterà più nessuno.

L’invasione turistica

D’altronde la città ogni giorno assiste ad una “intrusione selvaggia e incondizionata, una quotidiana calata di barbari pericolosa prima di tutto per le nostre opere d’arte. E che poi lascia sporcizia ovunque in luoghi che dovrebbero essere preservati come gioielli preziosi”, come ha dichiarato Vittorio Sgarbi in occasione delle proposte fatte dal ministro Franceschini in materia di gestione del turismo.
La povera Venezia, così fragile nella sua bellezza, viene violentata ogni giorno dal degrado che la colpisce: persone accampate per strada, rifiuti dappertutto, bagno nei canali, fontanelle utilizzate come rubinetti per lavarsi, sesso sui ponti. E un padre che fa fare alla propria figlia i bisogni in mezzo a piazza San Marco, con i bagni pubblici a pochi metri di distanza.

Il volume del turismo reale è di gran lunga superiore rispetto alla capacità di carico di Venezia, circa il doppio.
C’è però da fare una grande distinzione tra coloro che visitano quotidianamente Venezia: ci sono i turisti pernottanti, che portano guadagno alla città, e i turisti escursionisti, detti mordi e fuggi, che non generano introiti per la città, ma solo oneri (es. rifiuti del pranzo al sacco consumato per strada ma portato da casa). Questi ultimi, purtroppo, sono la maggior parte dei turisti che visitano Venezia.
Il problema quindi è di carattere, oltre che quantitativo, anche qualitativo.

La necessità di un intervento sostenibile

Venezia è e rimarrà per sempre nell’immaginario comune una meta turistica d’eccellenza, ma non si può pensare di poter lasciare la situazione così com’è. Bisogna cercare di applicare un visitor management tale da coccolare i turisti pernottanti, ma al contempo mirare a ridurre drasticamente le dimensioni del turismo mordi e fuggi.
Bisogna applicare una serie di strategie turistiche sostenibili, in modo tale da poter recuperare Venezia dal suo declino inesorabile e fare in modo che i figli dei nostri figli la possano vedere bella e preziosa come la vediamo noi.

Molte sono le proposte, soprattutto in quest’anno, il 2017, che l’UNWTO – Organizzazione Mondiale del Turismo ha indetto come l’Anno Internazionale del Turismo Sostenibile per lo Sviluppo. Anche il nuovo Piano Strategico di Sviluppo del Turismo “Italia Paese per viaggiatori” ha come primo principio trasversale la sostenibilità, intesa come un insieme di strategie, interventi e azioni del Piano Strategico del Turismo che “devono contribuire a rafforzare sistematicamente la sostenibilità del turismo nelle sue diverse accezioni relative ad ambiente, territorio, salvaguardia del patrimonio, sistema socioeconomico, cultura e cittadinanza.

Anche da parte dello stesso Comune di Venezia, a seguito del monito dell’UNESCO di far uscire la città dalla lista di Beni del Patrimonio Mondiale, ha emanato un atto di indirizzo che ha permesso di prorogare di 24 mesi la sua eliminazione dalla lista.

L’atto, attualmente al vaglio del Governo, si compone di otto punti forse un po’ troppo generici che delineano un piano di regolamentazione del turismo: è previsto, ad esempio, un maggior rigore in caso di comportamenti indisciplinati e spudorati puntando a garantire un maggior decoro grazie a una maggior presenza della Polizia Urbana.
E’ contestabile, però, l’applicazione di misure di contenimento del flusso turistico solo nei momenti di maggiore crisi della città, quando invece dovrebbero esserne la regola.

“Mia bella Venezia!”

I presupposti comunque ci sono: la speranza è che non siano solo parole su parole, ma che si trasformino in azioni.
Perché il fascino di Venezia è dato dalla sua storia e dalla sua bellezza, ma il cuore della Serenissima è quello dei Veneziani.

“Alla gente qui presente possiamo garantire che se c’è ancora un cuore che pulsa in città è quello dei veneziani che sono rimasti e abbiamo intenzione di farlo battere sempre più forte!”
Tratto dal documentario The Venice Syndrome di A. Pichler

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